I GIOVANISSIMI POETI PER LA PACE

 “La poesia è un atto di Pace. La Pace costituisce il poeta come la farina il pane“.

PABLO NERUDA

La Scuola di Poesia di Daniela Fabrizi presenta i suoi giovanissimi poeti :

(Daniela Fabrizi, membro di giuria  al Premio Le rosse pergamene, mi  è stata sempre al fianco con la sua amicizia, i suoi consigli, i suoi progetti, le sue indicazioni ed i suoi meravigliosi ragazzi!!)

L’albero della Pace è antico ma le radici si rinnovano!

 

( Ogni poesia ha come titolo Pace e l’autore è alla fine della poesia.

Gli autori hanno 12 anni circa!)

 

 

Pace

 

 

La pace vola nell’aria
ma rifiutata dal denaro
si allontana.
Sorvola l’odio
e ne guarda la coperta d’oro.
Cresce solitaria
nell’angolo
della morte silenziosa.
Rimane piccola
nella gabbia di parole crude…
Tu falla uscire
e volerà felice!
Giorgia Accardi

 

Prigionieri
la guerra ci tiene,
e noi a combattere
per quella
che chiamiamo pace.
Mi viene voglia
di raggiungere le cose
che sogno
così lontano dalle case.
Kadrije Ibraimi

 

Si scioglie nell’aria
quel senso di vita,
ne escono note e parole
vuote di gesti di pace.
Ci sediamo e aspettiamo
quell’ anno in cui
farà ritorno un pane
dal sapore di pace.
Tommaso Ferretti

 

Pace è spessore di vita e di storia,
una parola potente e vitale,
uno spicchio di luce
contro deboli e strani boati.
Piango,
mentre il demonio
lascia le sue orme sul mondo,
lacrime contro acqua di guerra,
vincerà la pace caparbia.
Dany Loise Okouere

 

È la pace
di questo mondo d’inferno.
Una persona
con le ali di un angelo
che fermerà gli spari
e spegnerà
questo fuoco di ferri.
L’angelo
che combatterà il buio
per accecare di luce
in eterno.
Claudia Sanitate

 

Ecco l’alfiere della pace,
cavalca il suo cavallo di purezza.
L’unica arma che possiede
è una spada che non uccide,
una spada che chiama pace,
contro le unghie affilate.
Davanti a lui,
il mercante di sangue
dall’ombra grondante,
avanza verso l’alfiere,
solo il poeta lo farà dileguare.
Irene Cardinali

 

La pace illumina
paesaggi distrutti,
costruisce
parole di ghiacci,
rompe muri di occhi
e rinchiude
l’inferno nei boschi.
Tra spine di rose
nascono
pensieri di pace.
Serena Chimenti

 

Dietro di me
parole che tagliano
come rasoi di lame,
campi seminati di guerre…
Ed io che pianto
ogni giorno la pace.
Enrico Maria Pandolfi

 

Mitica verità
che è la pace!
Vero amore
per chi sa amare.
È come un sole
che si illumina
senza tramontare.
È un’avventura
straordinaria
che vedono solo
gli occhi che disegnano
l’aria.
Eleonora Toniolo

 

Pace,
forte, impetuoso sentimento.
Lo usi come il tempo
ma non ti accorgi
che gli vai contro.
Cambia immagine,
pensala come amica
e sentila nel cuore
dove nasce,
tu non farla morire,
portala nelle tasche.
Fiore Iacopo

 

Solitaria rimane,
senza averla mai vissuta.
È troppo vera
per essere come noi
in una gabbia rinchiusa.
La pace,
unica arma
leale e purificata.
Ormai i nostri occhi
sono abituati
a vedere l’inferno…
un giorno il silenzio,
vestito di fiori,
sarà il giardino più bello.
Nicole Renzi

 

La pace è amore
l’uno per l’altro,
lasciare le armi
macchiate di sangue
della povera gente
che cerca di scappare
da migliaia di guerre.
E penso ai soldati
che fanno la pace
con i loro nemici,
insieme saranno felici.
Susanna Zanninelli

 

QUALCHE DOMANDA ALLA POETESSA DANIELA FABRIZI

Riportiamo un’intervista a Daniela Fabrizi che ha conosciuto già molti lettori, ma ci sembra giusto mantenerla nel web poiché tocca argomenti molto interessanti come la diffusione della poesia, l’insegnamento della poesia, l’educazione al sentimento.

Quando è nato il suo progetto poetico nella scuola e come è riuscita ad attuarlo?

Sono ormai molti anni che il mio “fare poesia” con i ragazzi è divenuto parte integrante del mio progetto educativo. Sicuramente è nato dal fatto che io sono poeta, ma la molla è scattata quando ho capito che tutti i ragazzi erano poeti dentro, naturalmente, inconsapevolmente, e tutti potevano fare poesia se solo “qualcuno” glielo avesse permesso e li avesse seguiti nel percorso che va dall’evocazione alla traslazione poetica del proprio sentire interiore, sia individuale che universale. Ormai sono 18 i libri pubblicati dai miei ragazzi, alcuni in raccolte di classe, altri in sillogi di singoli alunni arrivati ad una maturità poetico-stilistica alta e riconosciuta dalla critica contemporanea.

Come rispondono i giovani alle sollecitazioni poetiche?
Tutto quello che io faccio, dal primo giorno di scuola, è suscitare in loro architetture interiori, paesaggi dell’anima e del mondo delle emozioni. Leggo molto, in modo teatrale, evoco storie leggendarie, faccio ascoltare sinfonie di forte impatto emozionale (Mahler, Beethoven). Il tutto mentre loro stanno ad occhi chiusi, escludendo così le circostanze fisiche e geografiche che li limitano nel galoppo della fantasia. Il risveglio, ogni volta, porta a traduzioni poetiche di immagini e paesaggi dell’anima. Fin qui la suscitazione. Poi passo allo scrivere in poesia su grandi temi: il dolore, l’amore, la guerra, la rabbia, l’ingiustizia, il quotidiano, il futuro… Come rispondono i miei ragazzi? Come fiumi in piena, io sto attenta solo a mantenere saldi gli argini linguistici e stilistici perché non straripino e non vadano perduti.

Ha trovato opposizione nella scuola ai suoi progetti d’insegnamento della poesia? La scuola è aperta ad accettare nuove proposte?
Nessuna opposizione, appoggio pieno e sentito dal Preside Prof. Pasquale Spagnoletti che è stato sempre presente alle più di 60 premiazioni, nazionali ed internazionali, dei miei alunni ed è stato il primo estimatore della loro poesia. Gli allora Presidenti della repubblica Scalfaro e Ciampi gli tributarono riconoscimenti commossi, calorosi e sentiti per la “paternità” coraggiosa del mio progetto.

Come riesce a conciliare la sua identità di poeta con la sua identità d’insegnante? Le sue ricerche poetiche frenano l’incontro con l’età dei giovani studenti e viceversa il dialogo con i giovani le impedisce una ricerca poetica approfondita?

Non c’è niente da conciliare: un poeta è sempre poeta, qualunque cosa faccia, anche le pulizie di casa o il carico della lavatrice. I pensieri attraversano i miei gesti, le mie azioni, il cervello traduce in contemporanea immagini e alterità del reale.
Scrivere è un’esigenza, poetare è indispensabile come respirare, se ce se ne dimentica si può morire!
I miei ragazzi mi danno legna da ardere sul sacro fuoco ed io restituisco loro la brace che vivifica, che conserva il calore della parola, che riscalda il vuoto di un mondo che non “riconosce” i giovani se non come consumatori di “cose” da cui li rende dipendenti con innocui (solo all’apparenza) “regali”, gadget, ammiccanti pubblicità di false identità. Il “senso” non lo dà più nessuno, il valore dell’unicità dell’individuo, della necessità di rimanere se stessi e diversi, per una ricchezza multipla e sociale. L’ideale, i sogni, la possibilità di realizzare ciò che si ha dentro, nessuno si prende cura del progetto di vita, tutto spinge ad un Know-how senza futuro che invecchia già domani e non si può usare per costruire ma solo per apparire.
Sono cresciuta come poeta grazie alle generazioni di ragazzi che ho portato felicemente ad esprimere la propria difficile età in poesia. Loro sono i miei “ganci” per domani, per la profondità dei miei legami, per le mie sintassi nuove, per i miei “verbi leggendari”.

Le hanno insegnato più i grandi poeti o i suoi giovani alunni?

I poeti insegnano sempre, l’età non conta e neppure la fama. Cambia l’evocazione, la capacità ermeneutica che, nei grandi, è architettura, cattedrale ove scoprire, avvertire atmosfere ed epoche letterarie capaci di suscitare nuove costruzioni, rapide successioni di percorsi, di pensieri risorti. Pasternak è uno dei poeti più importanti per la mia formazione, ogni volta che leggo e rileggo le sue poesie si aprono porte di senso su immense pianure dove i fiori sono rari e sconosciuti e l’infinito ha il sopravvento sull’umano finibile e finito.

Dove sta andando oggi la poesia ancora verso l’ermetismo o verso il dialogo?

Per fortuna, la poesia di “moda” è fatto raro e marginale. L’ermetismo è cosa seria ed oggi si può parlare di post ermetismo in senso lato. C’è però un ritorno alla metrica, allo stile, una ricerca semantica per antonomasia, una necessità di universalità che trascende l’individualismo intellettuale. Il “verso libero” tanto decantato, ha trovato regole linguistiche appropriate, schemi visivi armonici e completi. Poesia del dialogo? Certamente, ma non in senso lato: il dialogo è dal sé al mondo ed al contrario, dal sé all’altro che ritorna indietro, è un compendio circolare che rompe gli schemi del “poeta solitario”. Il solipsismo, per fortuna, non è più virtuoso, la necessità sociale e comunicante esige grammatiche di coinvolgimento immanente.

Quali sono le sue proposte per la scuola del futuro? Cosa può fare la scuola per la diffusione della cultura oltre il banco scolastico?

La scuola del futuro è la scuola dell’oggi che è già futuro di ieri e passato di domani. Dunque progetto-azione ogni giorno, monitoraggio attento delle esigenze interiori e sociali, ascolto attento delle inquietudini incombenti. Risposte debbono essere date sempre, puntando sulla “scoperta” delle capacità creative di ognuno, sull’affinamento delle proprie capacità comunicative, sulla soddisfazione che si prova a costruire il proprio io ora dopo ora. La scuola deve essere aperta, offrire punti di riferimento culturale e di associazione, di vita comunitaria. Deve essere aperta tutto il giorno, con una serie di attività diverse e con facilitatori della comunicazione e dell’indirizzo armonico della personalità per lo sviluppo dell’uomo e della donna che sono in nuce negli adolescenti. Garantire a tutti la preziosità della diversità e allo stesso tempo garantire spazi in cui vivere e imparare, sviluppare cooperative-work e conseguire competenze da investire. Quando la scuola capirà che è il maggior punto di aggregazione positiva delle nuove generazioni e non solo una entità dispensatrice di “cultura”, allora la speranza che la consapevolezza di essere unico tra gli unici produca “comunità” diventerà progetto di continuità tra generazioni, valori agiti e consolidati.

 

I giovani 11148562_10204447347039849_2522667097991799850_ocome radici che si rinnovano…le loro poesie come fiori……

 

 

 

 

 

 

Un EPISODIO DA RICORDARE A PROPOSITO DI GIOVANI :

Si chiama Elena Nicoletta Garbujo, nel 2012 aveva  16 anni,  al terzo anno delle superiori, e il 10 dicembre di quell’anno  è stata una dei quattro vincitori del concorso dedicato ai ragazzi tra gli 8 ed i 24 anni indetto dalla Ue per premiare disegni (per i giovani tra gli 8 e i 12 anni) e messaggi in formato ‘twitter’ (massimo 120 caratteri) che rispondono alla domanda ‘Pace, Europa, Futuro: cosa significa per te la pace in Europa?’.

 

La giovane italiana ha vinto con il tweet ‘Pace: ponte avente comuni estremita”. Nella spiegazione, Elena ha scritto che “la pace è vedere qualcuno o qualcosa crescere con il tuo contributo”. “Così come si costruisce un ponte – ha aggiunto – anche essa si costruisce. Si tratta di un futuro che può essere reale solo con la perseveranza. Perché alla fine la pace è un obiettivo, è una condizione, in cui voglio, in cui vogliamo vivere”.

 

LA PACE SI COSTRUISCE!!!!!!!!!!!!!!!!!!

LA PACE E’ UN OBIETTIVO!!!!!!!!!!!!!!!!!

PACE : ponte avente comuni estremità!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 EDUCARE ALLA POESIA!

Mi piace riportare l’Intervista che ebbi l’onore di fare alla poetessa Maria Luisa SPAZIANI, notissima a livello inernazionale, sul valore dell’educazione alla poesia.

Scomparsa da qualche tempo, non si cela però l’eco della sua poesia e dei suoi insegnamenti  :

Uno degli esempi più riusciti di vivacizzazione culturale in biblioteca è  stata la Rassegna di Maria Luisa Spaziani “Inediti in Biblioteca”. La Rassegna, che per  qualche anno è stata  ospitata nella Biblioteca della Camera dei Deputati presso Palazzo San Macuto, in Via del Seminario a Roma, ha evidenziato le grandi possibilità di una biblioteca come teatro di cultura e di civiltà.

INTERVISTA  A MARIA LUISA SPAZIANI 

  La biblioteca fa poesia

Anna Manna: È evidente il successo di pubblico e di stampa della Rassegna “Inediti in Biblioteca”. Col passare del tempo il pubblico aumenta e si aggiungono molte altre persone, di varie età, al pubblico di affezionati che da anni segue le sue lezioni con molto affetto e grande attenzione. Come spiega questo rinnovato interesse per la poesia?
Maria Luisa Spaziani: Lo spiego in modo molto semplice. Noi siamo intossicati di parole. Ogni giorno ascoltiamo una quantità di parole più o meno inutili. Cominciamo al mattino quando accendiamo la radio: pubblicità, politica, talk-show, barzellette, bollettini del tempo… non ne possiamo più di parole. Allora, che la gente lo sappia o no, ogni tanto ha bisogno di qualcosa di diverso, di una specie di verità, anche psicologica. Non dico che sia la verità della Bibbia, ma un altro tipo di verità. La verità di chi crede in qualche cosa e cerca di rappresentarla, di comunicarla agli altri. Ed è lì che salta fuori la poesia. In poesia non si può mentire… Le cito un episodio: molti anni fa, a Milano, un industriale mi offerse un milione, vale a dire tre volte quello che allora guadagnavo in un mese, per scrivergli una poesia che lui avrebbe dovuto dedicare a una donna di cui s’era innamorato. Sul momento accettai l’incarico: provai una volta, una seconda, una terza… senza risultato. Infine dovetti rinunciare. La poesia, per sua natura, è vitalità e verità.

Ritiene che il luogo dove si svolgono questi incontri, così fortunati e così seguiti, sia in qualche modo responsabile del successo dell’iniziativa? Ha contribuito, almeno in parte, l’austera eleganza del luogo a creare un interesse stabile e duraturo?

Indubbiamente una sede di rappresentanza quale la Biblioteca della Camera rappresenta un forte richiamo per il pubblico, anche al di là dell’ambito tradizionale degli appassionati e degli addetti ai lavori. Occorre poi sottolineare che il ciclo di incontri letterari, basato su temi di rilevante attualità culturale, con la partecipazione di esponenti di primo piano della letteratura e dell’arte, si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tutti fattori che hanno contribuito ad una particolare attenzione anche da parte degli organi d’informazione…

Ritiene che la poesia per essere apprezzata completamente abbia bisogno di un pubblico scelto? Il pubblico della Rassegna “Inediti in biblioteca” è un pubblico, come dire, avvezzo alla poesia, oppure chiunque, qualunque età o fascia sociale può assistere agli incontri?

Purtroppo dobbiamo riconoscere che non tutti possono accedere alla poesia, né sarebbe possibile pretenderlo. Attraverso i mass media e i centri culturali, noi facciamo il possibile. Ma è sempre troppo poco. Il problema è che il settanta per cento della popolazione non ha filtri, griglie, possibilità di recepire la poesia sulla base di una impostazione culturale adeguata. Sarebbe già tanto riuscire a conquistare il rimanente trenta per cento…

Oggi quale può essere la funzione della poesia?

Come le dicevo, siamo talmente storditi dal ritmo della vita attuale, che abbiamo la necessità, magari inconsapevole, di riscoprire la parola pura. La parola che aspiri a una sua spontanea ricerca di verità, che esprima ciò che veramente si desidera dire. Penso che sia sostanzialmente questa la funzione attuale della poesia. Poi c’è anche l’intimo piacere di sentirsi soli con un proprio segreto, con un proprio mistero… Una fondamentale riscoperta dell’io, una ricognizione intellettuale ed emotiva che il lettore compie su se stesso per uscire dalla genericità dei sentimenti e dalla banalità del quotidiano.

E quale la funzione della biblioteca? Ritiene che la biblioteca possa divenire l’intermediario ideale tra il libro e il lettore? È d’accordo con la vivacizzazione culturale delle biblioteche come luogo di cultura e di spettacolo? La biblioteca è soltanto il prezioso scrigno per i libri oppure potrebbe diventare la lampada d’Aladino per i nostri cuori e le nostre menti affamate di cultura?

Ancora una volta rispondo alla sua domanda citandole la mia personale esperienza di vita. Quando ero ragazza, a Torino, avevo un’abitudine che da alcuni era considerata un po’ maniacale: ritagliare dai giornali e dalle riviste ogni articolo interessante che riguardasse la critica sui poeti e la loro biografia. Molti anni dopo, a Roma, Giorgio Caproni mi disse: “Ma questo è utile per tutti, perché non ne fai una pubblica consultazione?”. Correva l’anno 1978 e affittammo uno scantinato a Porta Maggiore, a Via Statilia, dove Einaudi, Mondadori e molti editori minori ci mandarono un centinaio di libri. Da quello scantinato passammo sul Lungotevere, in un appartamento provvisoriamente imprestato da un amico nobile e gentile. Lì cominciammo a coinvolgere nelle nostre attività i maggiori poeti e studiosi contemporanei: Giorgio Bassani, Attilio Bertolucci, Danilo Dolci, Mario Luzi, Giovanni Macchia, Geno Pampaloni, Goffredo Petrassi, Giovanni Raboni. Ci trasferimmo quindi a Palazzo Rivaldi, un antico convento, indimenticabile sede in vista del Colosseo, con ampia cappella dove organizzavamo conferenze e seminari. Tutto questo per dirle l’importanza che ho sempre attribuito al contesto ambientale dove si svolge l’attività culturale. In questo senso è evidente che unaa biblioteca, soprattutto se architettonicamente prestigiosa, costituisce un luogo ideale…

È gelosa della sua poesia, la custodisce per chi ne è all’altezza oppure la manda avanti come un soldato alla conquista di nuovi territori del cuore e della mente di sconosciuti lettori?

Sono sempre stata convinta che i poeti, in quanto tali, siamo destinati ad essere degli engagés. E del resto, in certi momenti della storia, i poeti hanno dimostrato di saper alzare la voce in senso politico e sociale, oltre che umanitario. Basti pensare ai poeti della Resistenza: Majakovski, Garcia Lorca, Walt Whitman… Sì, il destino del poeta è quello di essere una coscienza critica del suo tempo, un grande testimone.

Qual è il prezzo della poesia? Chiaramente non mi riferisco al prezzo sulla copertina del libro, ma al prezzo che è scritto sul cuore del poeta, oppure sul cuore del lettore. Mi sembra che Oriana Fallaci dicesse che scrivere uccide. Vale anche il contrario e cioè: scrivere è una resurrezione?

Chi ha letto Montesquieu, e non soltanto lui, e anche chi abbia semplicemente meditato sulla bellezza di una rosa che in pochi giorni sfiorisce, comprende che tutto, sotto il cielo, ha una traiettoria di ascesa ed una curva discendente. Nei lunghi anni della mia attività culturale, in particolare per la diffusione dell’opera di Montale, ho avuto molte gioie ma anche alcuni “incidenti di percorso”. E tuttavia nulla è mai riuscito a spezzare la mia determinazione nel promuovere l’interesse per la poesia. Perché nessun ostacolo può inibire la vita del pensiero quando questa è sostenuta da profonde convinzioni, che, a loro volta, poggiano su una base di radicate motivazioni etiche.

Come in un ‘ideale Tavola rotonda restituisco la parola ad un poeta contemporaneo vivente  : ELIO PECORA. L’intervista è apparsa in varie occasioni sulla stampa e nel web ma  ritengo doveroso riproporla in questo contesto poiché in questa pagina del BLOG  stiamo parlando di educazione alla poesia.

Elio Pecora: La poesia come educazione ai sentimenti

intervista a cura di Anna Manna

Quali sono le nuove inquietudini in poesia?

Sono quelle di sempre. Anzitutto arrivare ad esprimersi, raggiungere l’altro, consegnare quel che preme dentro e diventa, per dono e per fatica, parola durevole ed esatta. Quindi, nella forma raggiunta, tenuta, portare la sostanza: impasto di paura e di ebbrezza, di conoscenza e di mistero.

Di cosa dovrebbe avere paura l’uomo moderno? E che cosa teme?

Le paure sono tante e sono cresciute, per un più di informazione e forse di oscura consapevolezza. Paura della precarietà dell’esistere, del vortice di negatività che alligna nella società umana, della dispersione dei valori: quelli per i quali il meglio dell’umanità s’è adoperata lungo i millenni: il rispetto di sé e dell’altro, il bene della conoscenza, e tutto quanto comportano … ed è tanto.

Dove Le sembra di scorgere la nascita di un nuovo linguaggio, di un nuovo modo di esprimersi?

Non credo nei nuovi linguaggi, ma solo nei nuovi strumenti di comunicazione. La storia dell’uomo “sapiens” conta solo qualche millennio, e, dai poemi babilonesi a questo confuso presente, è pervasa da uguali desideri, paure, attese, pretese. Piangiamo e andiamo come Gigalmesch e come Ulisse. Questa idea del nuovo vale per le tecniche. L’originalità del pensiero e delle espressioni d’arte è una chimera. Come ben sapeva Leopardi, dopo Omero la poesia non ha detto né può dire cose nuove; può solo ripetersi sempre diversa e sempre uguale nei suoi fondamenti umani e terrestri. Esistono solo momenti diversi e mezzi diversi. L’anima e la mente continuano a cercarsi, a ripetersi altri richiami, altri conforti. La novità consiste nella irripetibilità di ogni singola persona che riesce ad esprimersi durevolmente ed efficacemente. I poeti, come i romanzieri di Forster, siedono tutti intorno alla stesso tavolo: Saffo e Catullo, Leopardi e Saba. Altrimenti perché continueremmo a leggerli, perché continuerebbero a parlarci?

Ha più voglia di discutere di poesia con poeti affermati oppure con i giovani poeti alle prime armi?

Sono disposto, e lo provo di continuo, a discutere con chiunque sia disposto a sua volta a discutere. Spesso i più giovani, per difendersi, peccano in presunzione. Spesso gli affermati si trincerano dietro una discutibile sicurezza. E un discorso approda a qualche risultato solo avanzando nei discorsi reciproci. Va anche detto che si parla sempre meno di poesia. Molto più spesso si parla di come situare i propri scritti e delle difficoltà di raggiungere quel che chiamiamo ancora “notorietà” e “fama”.

Lei è direttore della Rivista “Poeti e poesia” dunque ha modo più di altri poeti contemporanei di seguire le alterne vicende della poesia nei nostri giorni travagliati. Come si pone la poesia oggi rispetto alle problematiche sociali, si può parlare di poesia impegnata, l’auscultazione della società è presente nella poesia contemporanea?

Sono al quindicesimo numero della rivista ed è un quadrimestrale. Finora ho pubblicato oltre un centinaio di poeti italiani, notissimi e ignoti, d’età avanzata o poco più che ventenni. Oltre a circa cinquanta poeti stranieri e ad altrettanti saggi sulla poesia contemporanea. Pubblico quel che ritengo sia il frutto di un vero lavoro nella poesia: impasto di forma e di sostanza, di mondo cercato e interrogato e di pensiero che discende nell’esistenza e la riflette e l’accoglie. Le tensioni e le “tendenze” possono essere diverse in ognuno degli autori pubblicati, ma la spinta in ciascuno si rivela necessaria. Certo che la società è presente in questi scritti, ma come deve esserlo nella poesia: ascoltata ben oltre l’apparire, nel suo essere insieme disperata e innamorata, atterrita da minacce di distruzione e di morte e nascostamente aperta alla speranza. La verità cercata instancabilmente e portata in un altrove di parole scritte per durare è la verità difficile e affaticante della società in cui viviamo.

I giovani come vivono oggi il rapporto con la propria psiche, il famoso “io più profondo” è ancora l’interlocutore dei giovani, almeno in poesia? Ed ancora quanti giovani oggi si interessano di poesia?

Il rapporto con l’anima? Non è mai stato così fitto e così confuso? La modernità ha moltiplicato gli sconcerti, ha decuplicato le incertezze e le domande. Dunque se in molti fuggono nell’apparenza, nello svago, nella “vacanza”, che è tutt’altro che farsi vuoti – condizione utilissima per crescere – tutti si rivelano inquieti. E troppi scrivono versi, che spacciano per poesia. Tutti leggono pochissimo e spasimano per essere letti, per avere una certificazione di esistenza. Rivelando fragilità e inerzia. Ma, attenzione, non mancano i giovani e i giovanissimi che lavorano su se stessi, sul cercarsi e interrogarsi, prima affinando i propri strumenti di conoscenza. Non si esiste se non si sa da quale passato si discende, chi ci ha preceduti, che cosa è stato detto al meglio prima di noi. Cultura come coltivarsi, e dunque semenze, concimi, eccetera.

È notizia di questo periodo che i corsi di scrittura stanno avendo un notevole boom. È secondo lei un’esigenza di comunicazione oppure il desiderio di emulare gli scrittori di successo. Cioè sta venendo fuori una nuova vanità, ognuno vuole il suo bel libro pubblicato poggiato sul salottino a casa con le firme degli amici, oppure la scrittura diventa passaggio di una catena di socializzazione che dell’arte letteraria fa il collante? Oppure è veramente il bisogno di esprimersi oltre le mura domestiche del diario?

Non credo nei corsi di scrittura. Sarei molto più propenso a corsi di lettura. Insegnare a leggere, a vedere oltre le parole, a educare i sentimenti, a estendere la visione. Quanto all’esplosione di laboratori di scrittura, di sicuro nasce da un bisogno profondo di esistere al di là della chiacchiera, ma in gran parte questo bisogno si risolve in un esercizio di piccola vanità. Presto sarà una moltitudine ad avere in casa un proprio libro stampato e sarà ancora più difficile salvarsi dal caos librario. Ma confido nel gusto di una minoranza che va crescendo di numero e che continuerà a sapere discernere il grano dalla gramigna. Il gusto per la letteratura si forma leggendo quel che ci viene da secoli di poesia e che fa da misura e da confronto.

Internet, la navigazione, i nuovi mezzi di comunicazione sono uno stimolo alla scrittura oppure sono la fine del bello scrivere e l’avanzata di uno stupidario che presto invaderà le nostre esistenze?

La macchina da scrivere non mutò la letteratura, ne mutò e soltanto in alcuni casi la stesura. Chi è dotato e si è dotato scriverà bene anche con il computer e si servirà al meglio di internet. La “navigazione” può favorire la preparazione e la ricerca, non altro. Lo stupidario invaderà le vite già invase e trattenute dalla stupidità. Certo sarà più difficile difendersi dalla valanga delle improvvisazioni e delle scemenze. Ma passerà anche questo, verranno altre invenzioni. E alla fine confido nella crescita generale: la consuetudine con certi mezzi affina. Ma perché mente e anima crescano occorrerà un lungo tempo e molta fatica. Non cesso di sperare nel meglio.

 

Elio Pecora è stato Premio Le rosse pergamane OMAGGIO ALLA CARRIERA nel 2005 al Caffè Greco

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Elio Pecora è nato a Sant’Arsenio (SA) nel 1936. Vive a Roma.
E’ autore di raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro. I suoi libri di poesia: La chiave di vetro (Bologna, Cappelli 1970); Motivetto (Roma,Spada 1978); L’occhio corto (Roma, Studio S. 1985; Interludio (Roma, Empiria 1987 e 1990; Dediche e bagatelle (Roma, Rossi & Spera 1990); Poesie 1975-1995 (Roma, Empiria 1997 e 1998; Per altre misure (Genova, San Marco dei Giustiniani 2001).
I suoi libri di prosa: Estate, ed. Bompiani 1981; Sandro Penna: una biografia, ed.Frassinelli 1984 e 1990; I triambuli, ed.Pellicano 1985; La ragazza col vestito di legno e altre fiabe italiane, ed. Frassinelli 1992; L’occhio corto, ed. Il Girasole 1995.
I testi per il teatro rappresentati: Alcesti ,1984 Roma Teatro SpazioUno, regia di Enrico Job; Pitagora, (edito nei Quaderni del Comune, Crotone 1987), Crotone, regia di Luisa Mariani; Prima di cena, (Premio IDI 1987, in “Sipario”, 474, gennaio-febbraio 1988), Roma Teatro Belli, regia di Lorenzo Salveti; Nell’altra stanza,1989 (in “Ridotto” 7-8,agosto-settembre 1989), Roma Teatro Due, regia di Marco Lucchesi; Il cappello con la peonia, 1990, Roma Teatro Due, regia di Marco Lucchesi; A metà della notte, Todi Festival 1992, regia di Maria Assunta Calvisi, edito da l’Obliquo, Brescia 1990; Trittico, Roma Teatro Due, regia di Marco Lucchesi, 1995.
Le radiocommedie trasmesse: Il giardino, RadioTre il 21 luglio 1996; Il segreto di Lucio, RadioTre il 19 ottobre 1997.
Ha curato : Sandro Penna Confuso sogno ed. Garzanti 1980; Antologia della poesia del Novecento, ed. Newton Compton 1990; Sandro Penna poeta a Roma, ed. Electa 1997; Diapason di voci (quarantadue poeti per Sandro Penna) ed.Il Girasole 1997.
Ha collaborato come critico letterario a: Il Mattino, La Repubblica- Mercurio, Reporter, La Voce Repubblicana, La Stampa-Tuttolibri, Il Tempo Illustrato, L’Espresso, Wimbledon, La Rivista dei Libri, Belfagor, Avvenimenti, Radio Due, Radio Tre, etc.
Ha pubblicato prose e poesie in : Nuovi Argomenti, Ulisse, Belfagor, Tempo Presente, Galleria, Anterem, Salvo Imprevisti, Discorso Diretto, Lettere Romane, La Clessidra, Pandora, Lunario Nuovo, Mondoperaio, Malavoglia, Lengua, Poesia , Kamen etc.
Fra il 1978 e il 1999 ha curato, a Roma, a Perugia, a Terni, a Comiso, e in diverse altre località, numerosi incontri di poesia in teatri, gallerie, biblioteche, librerie ai quali hanno partecipato poeti di diverse generazioni (da Sinisgalli a Bassani, da Scialoja a Bemporad, da Giuliani ad Arbasino, da Amelia Rosselli a Bellezza, da Raboni a Magrelli).
Nei primi anni Ottanta s’è occupato , con Maria Luisa Spaziani, delle attività pubbliche del Centro Montale, chiamando a Roma, nel Teatro dei Dioscuri e nel Teatro Flaiano,fra gli altri Luzi, Raboni, Dolci, Caproni.Ha presentato lungo un trentennio alcune centinaia di romanzi e raccolte di poesia , presenti gli autori più diversi ( da Siciliano alla Sanvitale, da Bufalino a Maraini, da Moravia a Bertolucci, da Golino a Kezich).
Ha curato a Roma per l’ENAP (Ente Nazionale Assistenza Scrittori, Musicisti, Scrittori) due rassegne di poesia, nel teatro Delle Arti e nel teatro Euclide, alle quali hanno partecipato fra gli altri Giudici, Erba, Cucchi, Loi, Lamarque, Insana, Ruffilli.
Per l’Associazione Dario Bellezza ha curato una rassegna della poesia giovane contemporanea alla quale hanno partecipato diciotto poeti, da Edoardo Albinati ad Antonio Riccardi. Ha curato e cura laboratori di scrittura di prosa e di poesia in numerose scuole di vario ordine e grado a Roma e in altre città.
Ha curato a Perugia nel 1990 e a Roma nel 1997, per gli Assessorati alla Cultura delle due città, mostre di autografi e documenti vari su Sandro Penna, poi raccolti in volume dall’Electa in due successive edizioni.
Ha curato per la RAI (Dipartimento Scuola ed Educazione, Radio per gli Stranieri, Radio 2 e Radio 3), oltre ad almeno cento recensioni di volumi di prosa e di poesia, oltre a svariate partecipazioni a tavole rotonde, numerosi programmi fra i quali: Un libro, una regione (in venti puntate); Il Sud nella letteratura contemporanea (otto puntate); Le fiabe italiane nelle raccolte dell”800 (venti puntate); Scrittori dimenticati o trascurati del Novecento Italiano ( quattordici puntate); I poeti e il sogno (dieci puntate); I poeti e il mattino (dieci puntate); Scienza e letteratura ( quattordici puntate); Le città e la musica (quattordici puntate).

 

 

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